Il tema del fine vita è uno dei più dibattuti nel panorama etico e giuridico contemporaneo. Da un lato, vi sono coloro che sostengono che la vita è un bene sacro e inviolabile, e che quindi non è mai legittimo porvi fine, anche su richiesta del diretto interessato. Dall’altro lato, vi sono coloro che sostengono che il diritto alla vita non è assoluto, e che deve essere bilanciato con altri diritti fondamentali, come il diritto all’autodeterminazione e il diritto alla dignità personale.
In Italia, il tema del fine vita è stato affrontato dalla Corte Costituzionale nel 2019, con la sentenza n. 242. In questa sentenza, la Corte ha dichiarato incostituzionale l’articolo 580 del codice penale, che punisce l’omicidio del consenziente. La Corte ha stabilito che la norma in questione viola il diritto alla autodeterminazione, che è un diritto fondamentale della persona umana.
La vicenda di Massimiliano
Massimiliano, un 44enne di San Vincenzo (Livorno), morì l’8 dicembre 2022 in una clinica vicino a Zurigo. Tre giorni prima, aveva diffuso un appello tramite l’associazione Coscioni, in cui spiegava di soffrire da sei anni di sclerosi multipla, che lo aveva già paralizzato. Voleva essere aiutato a morire senza soffrire, ma in Italia non poteva farlo perché non dipendeva da trattamenti vitali.
La sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019, che ha reso legale il suicidio assistito in Italia, prevede infatti quattro condizioni:
- Patologia irreversibile
- Fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche
- Capacità di prendere decisioni libere e consapevoli
- Dipendenza da trattamenti di sostegno vitale
Massimiliano non rispettava l’ultima condizione, ma questo non gli impedì di morire in modo dignitoso.
Ad accompagnarlo in Svizzera furono tre persone:
- Massimiliano Maltese, attivista della campagna Eutanasia Legale
- Eleonora Lalli, giornalista
- Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Coscioni e legale rappresentante dell’Associazione Soccorso civile, che aveva organizzato e finanziato il viaggio di Massimiliano
Dopo il suicidio di Massimiliano, Maltese, Lalli e Cappato si autodenunciarono ai carabinieri di Firenze. Lo fecero per “aver aiutato a ottenere la morte volontaria una persona priva del requisito inteso in senso restrittivo del ‘trattamento di sostegno vitale'”.
La vicenda di Massimiliano ha sollevato un intenso dibattito sul tema del fine vita. I sostenitori del suicidio assistito hanno sottolineato che Massimiliano aveva il diritto di decidere come e quando morire, anche se non rispettava tutte le condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale. I contrari hanno invece sostenuto che il suicidio assistito non dovrebbe essere consentito in alcun caso, anche se la persona malata è in una condizione di sofferenza insopportabile.
Dubbio sulla legittimità
La procura di Firenza riferisce ha respinto la richiesta di archiviazione perchè “sussistono tutti gli elementi costitutivi del titolo di reato”. Ma ha “dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale”, rimettendola alla Consulta, “per contrasto con gli artt. 2, 3, 13, 32 e 117 Cost., quest’ultimo in riferimento agli artt. 8 e 14 della Convenzione Edu”.