Non è un segreto che la professione infermieristica sia sempre di più sotto i riflettori del dibattito pubblico ma che, allo stesso tempo, faccia molta fatica a raggiungere gli standard europei per quanto riguarda la qualità del lavoro e la soddisfazione dei lavoratori. Il primo dato da prendere in considerazione è quello del tasso di occupazione: secondo lo studio che pubblica ogni anno Alma Laurea, infatti, la crescita del tasso di occupazione per le Professioni Sanitarie continua ad aumentare anche nell’era “post Covid-19”1. La laurea in infermieristica risulta essere in testa nella classifica con l’84,8% dei laureati già occupati dopo un anno dal conseguimento della laurea (rispetto alla media delle professioni sanitarie che riporta un tasso di occupazione al’80,9%). Sempre dallo stesso report emerge che l’età media al conseguimento della laurea di primo livello in infermieristica è di 24,8 anni con meno di 23 anni nel 42,9%, solo il 10,6% si è laureato a 27 anni e oltre. La durata media degli studi è di 3,5 anni circa e questo invoglia molti giovani a prendere in considerazione la laurea in infermieristica una volta conclusi gli studi. Tra i laureati in infermieristica il tasso degli occupati nel settore pubblico è del 59,1%(altro fattore che invoglia molti a considerare quello dell’infermiere come un lavoro che dia sicurezza e stabilità), mentre nel privato lavorano il 38,6% e il 2,3% nel non profit.
Sempre dallo stesso report emerge che circa il 78% degli infermieri (quasi il 10% in più rispetto alle precedenti rilevazioni) intende proseguire gli studi dopo la laurea di primo livello per poter migliorare le proprie competenze. Di questi la maggior parte vorrebbe frequentare un master universitario, il 24% una laurea magistrale, mentre solo il 5,2% sarebbe interessato a partecipare ad un corso di perfezionamento. Sul piano retributivo la media riportata dal sondaggio di Alama Laurea è 1.615 euro netti mensili, 1.658 per gli uomini e 1.602 per le donne. La disparità di salario non è ovviamente, una disparità legata solo alla professione infermieristica ma rispecchia una situazione diffusa in molti settori lavorativi.
Quando si prendono in considerazione questi dati bisogna tener conto del fatto che, sebbene l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 ha messo in luce quanto la figura dell’infermiere sia fondamentale per il buon funzionamento dei sistemi di salute, tale presa di coscienza non corrisponde poi ad un reale cambiamento dei sistemi in cui gli infermieri operano. Gli infermieri italiani vorrebbero avere sempre più responsabilità, come le hanno i colleghi residenti in Spagna, Francia, Regno Unito, Germania ecc. In questi paesi gli infermieri possono prescrivere farmaci non specialistici e presidi sanitari. Oltre alla libertà professionale si vorrebbe raggiugnere anche un riconoscimento economico adeguato agli standard europei, ma le politiche economiche del paese sembrano aver dimenticato molto in fretta gli applausi dai balconi e gli “eroi” del Covid-19. Altro dato desolante è quello del rapporto infermieri-abitanti, che in Italia, è di 5,5-5,6 infermieri ogni mille abitanti, uno dei più bassi d’Europa secondo l’Ocse2.
Questo rapporto così misero costringe gli infermieri a lavorare senza potersi davvero “prendere cura” dei propri pazienti. Si lavora in catena di montaggio senza, purtroppo, aver tempo per nulla che non siano le cure primarie. In Italia mancano oltre 60mila infermieri secondo gli ultimi dati pubblicati sul sito della Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI)3. In aggiunta a questo bisogna considerare che quella degli infermieri è una popolazione che sta allargando la sua piramide dal punto di vista dell’età anagrafica, e questo comporterà una fuoriuscita di personale dal settore nei prossimi anni.
Quindi cosa si può fare? La FNOPI ha messo a punto alcune proposte diversificate tra loro che spaziano da cambiamenti sul piano giuridico-contrattuale, dal cambiamento dei modelli di organizzazione dei servizi sanitari, dalla revisione dei percorsi di formazione accademica di base e post laurea allo scopo di innovare e aumentare l’attrattività nei confronti dei giovani. Un passo importante di questo cambiamento riguarda sicuramente lo “sblocco” del vincolo di esclusività. Tale liberatoria consentirebbe, inizialmente solo per 8 ore settimanali, di poter prestare il proprio servizio anche in strutture diverse da quelle in cui sono dipendenti senza temere di perdere il posto di lavoro. Ci si auspica che queste poche ore facciano da apripista per una maggiore apertura per la professione infermieristica e che le proposte della FNOPI vengano accolte dai legislatori come una reale necessità per la professione e per la ripresa del Sistema Sanitario stesso.
- Consorzio Alma Laure – RAPPORTO 2022 SUL PROFILO E SULLA CONDIZIONE OCCUPAZIONALE DEI LAUREATI. https://www.almalaurea.it/sites/almalaurea.it/files/convegni/Bologna2022/sintesi_rapportoalmalaurea2022.pdf;
- OECD. Health at a Glance: Europe 2022: State of Health in the EU Cycle. https://www.oecd-ilibrary.org/sites/368ee27e-en/index.html?itemId=/content/component/368ee27e-en;
- FNOPI, audizione al Senato: “La professione ha bisogno di maggiore attrattività”. 02/03/2022. https://www.fnopi.it/2022/03/02/audizione-senzato-commissione-lavoro/;