Nei nostri Pronto Soccorso, ogni giorno, l’infermiere di Triage entra in contatto con decine di pazienti, ognuno con la sua storia clinica, con la sua sofferenza ma soprattutto con la sua paura di morire e di non essere ascoltato.
Il problema del sovraffollamento dei nostri Pronto Soccorso è ormai cosa nota: le barelle non bastano mai, le liste d’attesa sono sempre infinite e l’utenza ha perso la pazienza.
Ma cosa succede davvero in un Pronto Soccorso?
Che cos’è che spinge davvero quel grande “carrozzone” nella giusta direzione?
L’organizzazione di ogni unità operativa è fondamentale, ma che cosa accende la miccia della grande catena dell’emergenza?
Il triage.
Cos’è il Triage?
Deriva dal francese trier ovvero selezionare, è un processo dinamico e decisionale, necessario ogni volta che il numero dei pazienti da trattare contemporaneamente supera la capacità di risposta immediata da parte del personale di soccorso.
Il triage nacque durante le guerre napoleoniche e si perfezionò nei successivi eventi bellici; il primo concetto di Triage Sistematico Intraospedaliero venne introdotto negli Stati Uniti intorno agli anni ’60, ma si perfezionò negli anni ’90 con la strutturazione metodologica del triage, quando si cercò di standardizzare la valutazione e la priorità di visita medica all’interno dei Pronto Soccorso.
Il triage è quindi motivato dall’aumento progressivo della richiesta di cure urgenti e non urgenti ai servizi di emergenza/urgenza e dall’introduzione di standard di qualità e appropriatezza.
Una definizione più completa del Triage è stata formulata nel documento del Coordinamento Nazionale-Triage:
Il triage, quale primo momento di accoglienza delle persone che giungono in PS, è funzione infermieristica, volta alla definizione delle priorità assistenziali attraverso la valutazione della condizione dei pazienti e del loro rischio evolutivo, in grado di garantire la presa in carico degli utenti e definire l’ordine di accesso al trattamento.
Gli obiettivi del Triage in Pronto Soccorso sono:
- Immediata assistenza al malato che giunge in emergenza;
- Indirizzare alla visita i pazienti secondo un codice di priorità e non in base all’ordine di arrivo;
- Smistare i pazienti non urgenti;
- Ridurre l’attesa;
- Ridurre l’ansia dei malati;
- Migliorare la qualità delle prestazioni assistenziali del personale di PS;
- Valutare e rivalutare sistematicamente e periodicamente la condizione di salute dei pazienti in attesa;
La valutazione delle priorità si definisce in base ad un codice colore che viene assegnato in base ad alcuni indicatori:
- Indicatori vitali: valutazione dell’ABCD e sua alterazione;
- Indicatori generali: problemi concomitanti (dolore, intensità dell’emorragia, alterazione della temperatura ecc) che aumentano la gravità;
- Indicatori specifici primari: direttamente correlati ai segni/sintomi guida (localizzazione del dolore toracico, dinamica del trauma ecc);
- Indicatori specifici secondari: indirettamente correlati ai segni/sintomi guida (età, fattori di rischio ecc).
Fra i codici colore di priorità troviamo:
- ROSSO: assegnato ai pazienti critici, assegnato ai pazienti in imminente pericolo di vita;
- GIALLO: assegnato ai pazienti mediamente critici, o comunque a rischio di alterazione di ABCD;
- VERDE: assegnato ai pazienti senza compromissione dei parametri vitali;
- BIANCO: assegnato ai pazienti che non richiedono assistenza a carattere di urgenza
Nel modello proposto e adottato dalla Regione Lazio si utilizza un sistema di codifica a 5 codici numerici di priorità, con codice da 1 a 5. La nuova codifica consente di focalizzare l’attenzione sulle condizioni cliniche che rientrano nell’ambito dell’urgenza differibile, individuando l’ambito delle patologie da definire come urgenza minore. Per ognuno dei 5 codici, si indica anche il tempo massimo di attesa per l’accesso alle aree di trattamento, che va dall’accesso immediato per l’emergenza all’accesso entro 240 minuti per le situazioni di non urgenza.
Perciò avremo:
- ROSSO: Interruzione e compromissione di una o più funzioni vitali (ACCESSO IMMEDIATO);
- ARANCIO: Rischio di compromissione delle funzioni vitali. Condizione con rischio evolutivo o dolore severo (ACCESSO ENTRO 15 MINUTI);
- AZZURRO: Condizione stabile senza apparente rischio evolutivo che solitamente richiede prestazioni complesse (ACCESSO ENTRO 60 MINUTI);
- VERDE: Condizione stabile senza rischio evolutivo che solitamente richiede prestazioni diagnostico-terapeutiche semplici, mono-specialistiche (ACCESSO ENTRO 120 MINUTI);
- BIANCO: Problema non urgente o di minima rilevanza clinica (ACCESSO ENTRO 240 MINUTI)
Esistono varie fasi dell’attività di triage:
- Valutazione immediata (o sulla porta): valutazione dello stato generale del paziente;
- Valutazione soggettiva e oggettiva: ovvero tramite intervista e tramite rilevazione dei segni clinici e dei parametri vitali;
- Decisione di Triage: assegnazione del codice di priorità nell’attuazione dei necessari provvedimenti assistenziali e nell’eventuale attivazione di percorsi diagnostico-terapeutici- assistenziali (PDTA); a seguito della fase di accoglienza, infatti, in sede di Triage è possibile l’attivazione di percorsi di cura predefiniti come i percorsi brevi e i percorsi a gestione infermieristica;
- Rivalutazione: si intende la conferma o, nel caso di variazioni delle condizioni cliniche o dei parametri vitali del paziente, l’eventuale modifica del codice di priorità assegnato ai pazienti in attesa.
Esiste un concetto importantissimo che esula da qualsiasi tecnicismo e da qualsiasi procedura/protocollo: l’umanizzazione.
L’ingresso di una persona in pronto soccorso è carico di paura, ansia, timori, e quest’ultima ha un’elevatissima aspettativa nei confronti degli operatori, poiché, concetto da non sottovalutare, questa persona gli affida completamente la sua vita.
Questo concetto è vero per i pazienti che accedono in pronto soccorso, ma lo è altrettanto per gli accompagnatori che non possono seguire passo passo il proprio caro nel percorso della diagnosi e della cura; per questo per lavorare in pronto soccorso, e nello specifico nella gestione del triage, servono notevoli competenze professionali specifiche.
È auspicabile che il percorso formativo mirato per il triage includa corsi di strategia comunicativa, di psicologia dell’emergenza e di gestione dei conflitti.
Troppo spesso nelle nostre sale di attesa (sfornite completamente di qualsiasi comfort) assistiamo a scene di violenza sia verbale che fisica contro il personale sanitario: le aziende sanitarie devono garantire tutela e adeguata formazione al personale di triage e al personale dei pronto soccorso tutti.
Siamo la trincea di una grande battaglia, costantemente sotto assedio, ma nonostante tutto, nonostante gli insulti e le minacce, restiamo qui, in attesa che qualcuno si accorga che stiamo chiamando rinforzi.