Più di una volta mi è capitato di sentire frasi come “l’infermiere in ambulatorio non fa niente”, “semmai andrò in ambulatorio prima di andare in pensione così da riposarmi”, “io in ambulatorio? Mai! Non mi voglio annoiare!”.
Ma siamo sicuri che ricoprire il ruolo di infermiere in un Servizio Ambulatoriale sia così noioso, privo di stimolo e alienante? Vediamolo insieme.
Sicuramente negli ambulatori non c’è l’adrenalina di una terapia intensiva, un pronto soccorso, una medicina d’urgenza e un’UTIC, ma è un ambiente che va vissuto e capito, e non disprezzato come il capolinea dell’infermieristica.
Negli ambulatori l’infermiere in primis si trova a contatto con un numero di assistiti nettamente superiore ad un reparto di degenza e ha a che fare con una maggior quantità di medici di specialistiche differenti nello stesso momento.
Inoltre, per questa molteplicità di specialiste mediche, l’operatore si trova a dover gestire e monitorare un’enorme varietà di apparecchiature, il controllo del loro funzionamento, dei presidi di cui necessitano e le relative scadenze; senza dimenticare della gestione del materiale derivante dalle prestazioni ambulatoriali (pap-test, materiale di ago-aspirati, istologici di varia natura, tamponi ferita, etc.), la corretta tenuta dei campioni biologici, la produzione della relativa documentazione, il corretto stoccaggio del materiale in attesa di essere recapitato al laboratorio interno o esterno, etc.
Riassumendo, le attività dell’infermiere addetto al servizio ambulatoriale sono:
- Educazione dei pazienti e/o caregiver
- Applicazione di medicazioni di vario genere
- Monitorare le condizioni/parametri dell’assistito durante l’esecuzione di determinate prestazioni (monitoraggio della pressione arteriosa durante il Test da sforzo, i valori della glicemia durante la curva da carico glicemico (OGTT), etc.)
- Assistere il personale medico durante determinate prestazioni (uroflussometria, asportazione di un neo, ecocardiotransesofageo, etc.)
- Raccolta di campioni biologici (tamponi oculari, tamponi ferita, etc.)
- Gestione di materiale biologico (vetrini di citologia e istologia)
- Gestione della documentazione (archiviazione consensi informati, referti, etc.)
- Garantire l’ottemperanza delle norme vigenti in materia di sicurezza
- Controllo e monitoraggio degli elettromedicali
Durante il suo operato, l’infermiere che lavora all’interno di un servizio polispecialistico si deve confrontare giornalmente con un’utenza estremamente variegata. Basti pensare alle differenti tipologie di specialistiche che possono essere presenti in un ambulatorio e ne risulterà un crogiolo di assistiti.
Immaginate il piano di un ambulatorio in cui sono presenti specialistiche come: vascolare, cardiologia, oculistica, neurochirurgia, urologia, proctologia, ginecologia e sala prelievi. L’utenza risultante potrebbe essere la seguente: un paziente sulla sedia a rotelle, accompagnato da un parente, che aspetta di essere sottoposto ad una visita post-operatoria dopo aver subito l’amputazione di una o più dita del piede a causa del diabete, un paziente che fa l’ennesimo controllo cardiologico alla ricerca dell’ennesimo piano terapeutico per la sua ipertensione o aritmia, un signore anziano con una medicazione oculare in seguito ad un intervento di cataratta, una signora anziana con un busto lombare prossima all’intervento per un ernia discale che la fa tribolare da anni, un paziente che deve eseguire un’ecografia vescicale e non ce la fa più a trattenere l’urina, un ragazzo da poco operato per un prolasso muco emorroidario che non può sedersi nell’attesa di essere convocato dal medico, una donna che aspetta il ginecologo per dei chiarimenti su un referto istologico non molto chiaro e per finire una serie di pazienti a digiuno per il prelievo ematico che non vedono l’ora di addentare un bel cornetto prima di correre al lavoro.
Di fronte ad una situazione come quella appena descritta, pensate ancora che la routine dell’infermiere ambulatoriale sia noiosa e demotivante? Che l’ambulatorio sia un servizio tranquillo e rilassante in cui un operatore può aspettare con serenità la pensione? Io non credo.
Quello che credo io è che, nella realtà sanitaria ogni professionista deve trovare il suo percorso e la sua dimensione. C’è chi non sopporta il pronto soccorso, ma adora prendersi cura degli ospiti di una RSA; chi preferisce vivere la realtà territoriale del CAD (Centro di Assistenza Domiciliare) o ADI (Assistenza Domiciliare Integrata) che fare le notti in un reparto di degenza; chi vive per la Sala Operatoria e non per la Terapia Intensiva, e così discorrendo.
Detto ciò, posso solo dire che la realtà sanitaria va vista da più punti di vista, goduta per sua molteplicità di sfaccettature e vissuta con pienezza per le soddisfazioni che solo Lei ci sa dare.