Che cos’è la cartella clinica? La cartella clinica (C.C) viene definita come quell’insieme di documenti al cui interno vengono registrati un insieme eterogeneo di informazioni anagrafiche, sanitarie e sociali con lo scopo di progettare e rilevare il percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale di un paziente al fine di attuare tutti quegli interventi clinico-assistenziali specifici e di effettuare indagini scientifiche, statistiche e medico-legali.
Nel tempo, la cartella clinica ha assunto altre definizioni soprattutto l’evoluzione delle normative:
- La C.C. (cartella clinica) è un atto in cui il sanitario annota oltre alla diagnosi, l’andamento della malattia e la somministrazione delle terapie di volta in volta adottate (Cassazione Penale, sev. V, 2 aprile 1971);
- La C.C. documenta l’andamento della malattia, i medicamenti somministrati le terapie e gli interventi praticati, l’esito della cura e la durata della degenza dell’ammalato (Cassazione Penale, sez. VI, 30 giugno 1975);
- La C.C., della cui regola re compilazione è responsabile il primario, adempie la funzione di diario del decorso della malattia e di altri fatti clinici rilevanti, tra questi, rientrano le informazioni che il paziente fornisce al sanitario ai fini della ricostruzione dell’anamnesi. La C.C., inoltre, acquista il carattere della definitività uno volta compilata e sottoscritta, in relazione ad ogni singola annotazione, con la conseguenza che l’annotazione postuma di un fatto clinico rilevante integra il reato di falso materiale in atto pubblico, di cui all’art. 476 del Codice Penale (Cassazione Penale, sez. V, 21 aprile 1983 e Cassazione Penale, sez. V, 8 febbraio 1990);
- È un atto pubblico di fede privilegiata, con valore probatorio contrastabile, ovvero a querela di parte, (Cassazione Penale, 23 marzo 2004) in quanto redatta da pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli la pubblica fede (art. 2699 del Codice Civile);
- È un bene patrimoniale indisponibile (ex art. 830 del Codice Civile).
In base a ciò che è stato detto, la cartella clinica necessita obbligatoriamente di determinati documenti/informazioni: generalità del paziente, motivo del ricovero, regime di ricovero, data e struttura di ammissione, provenienza del paziente, anamnesi, esame obiettivo, referti di esami diagnostici e specialistici, SUT (Scheda Unica di Terapia), consensi e dichiarazioni di volontà, decorso della malattia, epicrisi, data e struttura di dimissione, scheda anestesiologica, referto istologico, verbale intervento chirurgico e relative check-list, Cartella infermieristica, relazione alla dimissione/scheda di dimissione.
Ogni documento succitato è imprescindibile, in quanto determina il valore legale e sanitario della cartella clinica.
Per quanto riguarda i requisiti essenziali e ineludibili della cartella clinica, sono quelli previsti per la compilazione di qualsiasi certificazione/documentazione sanitaria, ovvero:
- La chiarezza (riguarda il contenuto dell’esposizione);
- La veridicità (ogni informazione riportata deve dichiarare il vero, tutti i dati annotati nella C.C. vanno riportati contestualmente al loro verificarsi o nell’immediata successione degli stessi, la C.C. è immodificabile e irretrattabile);
- La rintracciabilità/tracciabilità (identificazione di ogni azione tramite la data, l’ora, la firma e il timbro dell’operatore);
- La pertinenza (informazioni correlate con le esigenze informative);
- L’accuratezza (definita attraverso l’attuazione dei regolamenti/procedure interne dell’azienda);
- La completezza (possedere tutte la documentazione dall’accettazione fino alla dimissione).
Per quanto riguarda la veridicità, la C.C. è definita come atto veritiero fino a prova di falso, qualsiasi modifica od omissione è perseguibile in base ai seguenti articoli:
- “falsità ideologica in atto pubblico” (art. 479 del Codice Penale);
- “falsità materiale in atto pubblico” (art. 476 del C.P.);
- “rifiuto/omissione di atti d’ufficio” (art.328 del C.P.);
- “falsità commesse da pubblici impiegati incaricati di un servizio pubblico” (art. 493 del C.P.).
Oltre ai requisiti essenziali, ci sono quelli di carattere formale e sono: intellegibilità della grafia, precisazione della fonte dell’anamnesi, disposizione cronologica dei rilievi, modalità di acquisizione del consenso, correzione adeguata di errori materiali, indicazione sede accertamento.
Nell’ambito delle responsabilità, il D.P.R. n°128 art.7 del 27 marzo del 1969, il “responsabile della regolare compilazione delle cartelle cliniche, dei registri nosologici e della loro conservazione, fino alla consegna all’archivio centrale” è il primario/Diretto dell’unità operativa (U.O.). Al momento della dimissione, e quindi la C.C. viene spostata all’archivio centrale, la responsabilità della sua tenuta passa al Direttore Sanitario.
La responsabilità della conservazione della cartella clinica è un compito riservato anche al personale infermieristico, D.P.R. n°225 del 14 marzo 1974, oltre all’annotazione contestuale gli abituali rilievi di competenza sulle relative schede/moduli.
Riassumendo, il Direttore dell’U.O., è responsabile, per quanto riguarda il proprio reparto, della regolare compilazione delle cartelle cliniche, dei registri nosologici e della loro stesura, fino al deposito all’archivio centrale, che deve avvenire generalmente nel più breve tempo possibile. Per quanto riguarda il Coordinatore Infermieristico, questo è responsabile della conservazione delle cartelle cliniche fino alla loro consegna all’archivio centrale. Nel momento che la documentazione clinica perviene all’archivio centrale, la responsabilità della custodia è del Direttore Sanitario.
La durata della conservazione della documentazione clinica, ha trovato diverse definizioni nel tempo, attraverso l’emanazione di alcune leggi:
- Il Decreto del Presidente della Repubblica n°1409 del 1963 sancisce che le cartelle cliniche siano conservate per almeno 40 anni in un archivio corrente e successivamente in una sezione separata di archivio istituita dalla struttura sanitaria;
- D.P.R. 128/69 art.2, stabilisce che la Direzione Sanitaria deve essere fornita di archivio clinico e che il Direttore Sanitario deve vigilare sull’archivio della documentazione clinica;
- Circolare del Ministero della Sanità n°900 del 19 dicembre del 1986, definisce illimitato il tempo di conservazione delle cartelle cliniche, in quanto costituiscono un atto ufficiale indispensabile a livello legale/giuridico;
- Decreto Ministeriale del 14 febbraio del 1997 stabilisce un tempo minimo di 10 anni per la documentazione iconografica e illimitato per i referti della stessa.
Secondo la Cassazione Civile, sezione III, ordinanza del 13 luglio 2018, n° 18567, viene fatta una netta distinzione tra gli obblighi di compilazione e di conservazione della documentazione clinica e sulle relative conseguenze, ponendo l’attenzione all’onere della prova (art. 2697 del Codice Civile), per gli esercenti la professione sanitaria dalla violazione degli obblighi succitati.
L’omessa conservazione della cartella clinica è imputabile, secondo i giudici di legittimità, unicamente alla struttura sanitaria e non sul medico redattore, in quanto questo, secondo la predetta ordinanza, “esaurisce il proprio obbligo di provvedere oltre che alla compilazione, alla conservazione della cartella, nel momento in cui consegna la cartella all’archivio centrale, momento a partire dal quale la responsabilità per omessa conservazione della cartella si trasferisce in capo alla Struttura sanitaria, e quindi alla direzione sanitaria di essa, che deve conservarla in un luoghi appropriati non soggetti ad alterazioni climatiche e non accessibili da estranei”.
In base a ciò, in caso di smarrimento della documentazione clinica a causa della struttura sanitaria, i medici si troverebbero a pari livello col paziente, rischiando di essere danneggiati dalla inattuabilità di documentare le attività svolte e riportate sulla cartella, non potendo provare i fatti e gli elementi necessari alla loro eventuale difesa.
BIBLIOGRAFIA/SITOGRAFIA
- D.P.R. n°128 art.7 del 27 marzo del 1969;
- D.P.R. n°225 del 14 marzo 1974;
- Legge “Gelli-Bianco” n°24 dell’8 marzo 2017;
- Cassazione Civile, sezione III, ordinanza del 13 luglio 2018, n° 18567;
- GIOT – Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia, 2018 link: https://old.giot.it/wp-content/uploads/2018/10/RivGIOT_3_18.pdf.
- https://archivio.aspvv.it/Management/Upload/02885d27-14b6-4a27-9492-dc4a149eee3e.pdf
- https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1679_allegato.pdf