Prima di parlare di un operatore sanitario “deviato”, bisogna vedere che cosa si intende per devianza.
Con questo termine si indica un comportamento che si discosta dalle regole sociali o dalle norme e/o che viola le aspettative istituzionalizzate di una data norma sociale (concetto comportamentale) e una reazione di una parte della società a comportamenti o atteggiamenti non riconosciuti come conformi (concetto sociale).
I fattori di rischio che incrementano la possibilità per una persona di strutturare comportanti devianti sono i seguenti:
- la destrutturazione dei rapporti familiari
- una situazione di abbandono affettivo precoce (deprivazione affettiva);
- una bassa tolleranza alla frustrazione;
- l’appartenenza a determinante “sotto-culture”;
- il venire meno a norme sociali condivise e rispettate.
Con il passare del tempo, una persona sottoposta all’influenza dei suddetti fattori, associata ad una bassa capacità di problem solving, si ritrova in uno stato di anomia, soprattutto a livello lavorativo.
In una realtà come quella sanitaria, il comportamento deviante è un fattore di rischio molto importante.
Un operatore con dei comportamenti non in linea con le norme e le aspettative del team-work e dell’azienda, è pericoloso per svariati motivi:
- per la salute del paziente (esempio: modalità di gestione e di somministrazione della terapia farmacologica in conflitto con le procedure interne.);
- per l’armonia del team-work (esempi: cambio del turno in ritardo, atteggiamento distruttivo, narcisismo, perenne senso di competizione, mobbing, etc.);
- per l’azienda (uso improprio delle risorse materiali, furti, spreco delle risorse a disposizione, danni alla struttura, etc.; tutte situazioni che comportano dei costi aggiuntivi per l’azienda.)
Uno degli strumenti di maggior efficacia per prevenire e gestire i comportamenti devianti, è la formazione, intesa come percorso educativo indirizzato all’assimilazione delle norme e dei comportamenti interni all’azienda che hanno come fine ultimo la salute del paziente e la mission della direzione generale e sanitaria.
La formazione deve essere effettuata sul personale:
- neo-assunto, in quanto potrebbe non avere alcuna esperienza lavorativa pregressa o provenire da altre realtà aziendali e quindi avere una “educazione” non adeguata;
- alla restante parte del personale, sia per rafforzare positivamente i comportamenti già applicati (supporto e motivazione) nella routine di reparto sia per modificare delle abitudini ormai obsolete.
In alcune realtà, è più difficoltoso modificare dei comportamenti già instaurati nel personale con più anni di servizio. Il non adeguarsi al cambiamento (utilizzo di nuove procedure/presidi, aggiornamento della modulistica, etc.) può in automatico determinare un comportamento deviante, per la precisione trasformare un atteggiamento finora visto come normale in deviato.
Secondo la letteratura, questo processo può essere identificato in due modi:
- deviazione primaria, comportamento volontario in contrasto con le norme e valori comuni condivisi dal resto del team-work (inteso come gruppo sociale)
- deviazione secondaria, ovvero il risultato del meccanismo sociale di etichettatura. Questo processo viene attuato dal gruppo “normale” o dalla maggioranza, che, alla vista di un comportamento non consono, lo etichetta come deviante.
La formazione del personale, oltre ad incrementare le conoscenze dello stesso, serve a dare solidità al gruppo di lavoro, senso di appartenenza all’azienda, a migliorare la qualità dei servizi e ridurre i costi.
Oltre alla formazione, è necessario che la Dirigenza faccia scendere in campo delle figure di “controllo”; rispetto a questo è importante accennare alla Teoria del Controllo Sociale di Hirschi (1969), ovvero il pensiero che si basa sull’idea che le persone generalmente si comportano in maniera conforme alle norme, perché esistono dell’attività di controllo sociale che interdicono l’azione deviante.
Per prevenire lo scaturirsi di atteggiamenti devianti, bisogna necessariamente attuare dei meccanismi di controllo, classificati in:
- esterni (azioni di sorveglianza attuate da figure esterne, esempio: controllo di enti certificatori, NAS, referenti dell’ASL, etc.)
- interni indiretti (imbarazzo e/o vergogna di chi trasgredisce una disposizione e/o procedura/istruzione operativa)
- interni diretti (ovvero il legame presente tra l’individuo e le figure autorevoli di riferimento intero, quali: il Coordinatore, il medico, il Direttore Sanitario, il Risk Manager, etc.).
Nella routine di reparto o comunque del contesto sanitario la condotta deviante è una realtà oggettiva.
Le variabili che possono portare ad un atteggiamento del genere sono molteplici:
- lo stress lavorativo;
- la mancanza o l’incompleta conoscenza delle norme vigenti nella Struttura;
- Una gestione non coerente del personale;
- La tipologia di leadership applicata;
In base agli elementi succitati, vi è la necessità di figure di riferimento che riescano a trasmettere e a far rispettare le “regole” necessarie al buon andamento dei processi lavorativi.
Una figura come il Coordinatore Infermieristico e il Direttore Sanitario, hanno l’obbligo di sapere attuare tutti quelle azioni indirizzate al raggiungimento degli obiettivi con autorevolezza, dimostrandosi coerenti rispetto a quello che dicono e che fanno.
Nel momento in cui ci si imbatte in uno o più operatori che dimostrano comportamenti devianti, la prima domanda che si devono porre è “perché è successo?” “cosa ha portato un lavoratore a comportarsi così?”; quindi devono attuare un’analisi critica della situazione e valutare tutte le possibili variabili che hanno determinato quell’atteggiamento, senza limitarsi a “puntare il dito” contro l’operatore in questione.
Concludendo, si può definire il comportamento deviante nel contesto sanitario come: atteggiamento o caratteristica di una persona che, superando i limiti di tolleranza definiti dalle norme e dai valori condivisi nella società/team-work/gruppo sociale, entra in un processo caratterizzato da un sistema sanzionistico e di stigmatizzazione, che ha ragion d’essere dalla necessità di controllare/monitorare i diversi meccanismi sociali e operativi che sono indirizzati, attraverso un percorso di efficacia ed efficienza, al raggiungimento degli obiettivi prefissati dall’Azienda.
Per questo motivo è necessario mettere in atto tutte quelle tecniche che hanno come scopo la prevenzione di questa tipologia di atteggiamenti o, in alcuni casi, il contenimento degli effetti di comportamenti devianti.
Le armi da privilegiare per prevenire la devianza, come abbiamo visto, sono la formazione e la comunicazione; soprattutto è da prediligere quest’ultima proprio per la peculiarità dell’ambiente sanitario caratterizzato da un’immensità di personalità e di figure professionali diverse che convivono nella stessa realtà.
Nell’ambiente sanitario il legame sociale, ovvero quelle relazioni che intercorrono tra i diversi professionisti (infermiere-infermiere, OSS-OSS, medico-medico, medico- infermiere, infermiere-OSS, etc.), è fondamentale in quanto determina il raggiungimento o meno degli obiettivi prefissati, oltre che a determinare il clima lavorativo. Un individuo compie un atto deviante quando il vincolo che lo lega al resto del gruppo e/o all’Azienda è molto debole, quindi la devianza diviene tanto più probabile, quanto più fragili sono i legami tra l’individuo e il gruppo nel quale si trova.
Detto ciò, è di vitale importanza “fare gruppo”, sia per la salute dei pazienti sia per quella di tutti noi professionisti sanitari.
BIBLIOGRAFIA/SITOGRAFIA
- Parsons T., Il sistema sociale, Comunità, Milano, 1965
- Dal Lago A., La produzione della devianza. Teoria sociale e meccanismi di controllo, Ombrecorte, Verona, 2001
- Giorgio G., Majer V.; Misurare la devianza lavorativa. Adattamento e verifica della struttura della Workplace Deviance Scale in Italia, Risorsa Uomo, 2005
- Curti S.; Criminologia e Sociologia della Devianza, Cedam, 2017